La triplista, da poco approdata al Gruppo Sportivo della Forestale, è l’atleta del momento. Nell’intervista si racconta tra passato e futuro, con lo sguardo rivolto agli Europei di Rieti
Straripante, strabiliante, instancabile. Ottavia Cestonaro è così. Finora hanno parlato i suoi risultati per lei. Ora vogliamo che sia la giovane campionessa a parlare, dopo i titoli italiani conquistati e il felice approdo in Forestale. In questa intervista che gentilmente ci ha rilasciato, emerge la sua capacità di non lasciare nulla di intentato. Ottavia è una ragazza che vuole mettere i puntini sulle “i”, non si accontenta di essere approssimativa. Nella vita come nell’atletica.
Sei tornata da Rieti con due titoli tricolore in tasca, uno nel lungo e l’altro nel triplo. Recente è anche il successo nelle prove multiple. Da poco hai coronato un sogno, vestendo la maglia verde della Forestale. Come stai vivendo queste emozioni?
«Io e papà, il mio allenatore, possiamo ritenerci molto soddisfatti dell’inizio di questa stagione outdoor; i risultati ci fanno ben sperare per quelli che saranno gli appuntamenti più importanti di quest’anno. Dopo aver ottenuto il minimo di partecipazione, gli Europei under 20 di Rieti sono diventati il nostro obiettivo principale ma abbiamo deciso di seguire una preparazione più ampia e di partecipare anche ai campionati italiani di prove multiple. Devo dire che mi sono divertita molto a Busto Arsizio e sono tornata a casa soddisfatta e conscia che la preparazione stava proseguendo nel modo giusto. Rieti è stato un test per diversi aspetti e posso dire che siamo riusciti a superarlo a pieni voti!».
A Rieti, dove ti presentavi favorita per il doppio titolo, sei riuscita a stabilire la migliore prestazione mondiale stagionale di categoria. Ti aspettavi di realizzare quel 13.69?
«Volevo sfruttare al massimo l’occasione per poter raccogliere il maggior numero di sensazioni utili per gli Europei di luglio. In quest’ultimo periodo le sensazioni in allenamento erano veramente buone. Sono voluta andare a Rieti non troppo consapevole della mia forma fisica, con una grande voglia di saltare e di raccogliere i primi frutti del lavoro che stiamo facendo. Che dire… il personale nel lungo mi ha fatto capire subito che nel triplo si poteva fare bene. Sono atterrata lontana rispetto al mio personale precedente, ma spero di poter presto fare qualcosa in più. Ero soddisfatta e felice ma non ho sentito quel brivido tipico dei salti in cui so di aver fatto tutto al massimo».
Gli Europei incombono. Gareggerai sia nel lungo che nel triplo. Dove puoi e pensi di poter arrivare?
«L’obiettivo principale è sicuramente fare il massimo per onorare la maglia azzurra e il pubblico italiano che ci seguirà. Quest’anno gareggiamo in casa e questo non può che essere uno stimolo per far vedere al resto dell’Europa come l’atletica leggera italiana stia crescendo. Io scenderò in pedana sia nel triplo che nel lungo, ma è dalla prima specialità che ci aspettiamo cose migliori. Il 13.69 ottenuto a Rieti sembra, per ora, essere la migliore prestazione mondiale stagionale di categoria ma la gara è un’altra storia. Mi confronterò con le migliori d’Europa tra cui la triplista spagnola campionessa del mondo lo scorso anno a Barcellona e la mia compagna di squadra Francesca; con loro molte altre sapranno sicuramente fare bene. Il mio scopo è come sempre quello di migliorare me stessa e quando si riesce in ciò, tutto il resto va bene».
I risultati che stai ottenendo sono sicuramente figli di una preparazione intensa, perfetta viene da dire. Com’è il rapporto con tuo papà, che è anche il tuo tecnico?
«Mi sento spesso rivolgere questa domanda e riconosco che possa suscitare curiosità il nostro rapporto. A dir la verità sono molti i casi di atleti con allenatori-parenti in Italia e vedo che, come per noi, ciò fa parte della normalità. Non ho mai avuto modo di vivere il rapporto atleta-allenatore in modo diverso e quindi non saprei tracciare le principali differenze. Posso però dire che quello tra me e papà è un rapporto sano, privo di fanatismo e basato sui valori principali di questo sport. Lui è sia il mio babbo che il mio allenatore e devo riconoscere che sa distinguere al meglio queste due sfere: in campo non fa differenze e tratta tutti i suoi atleti allo stesso modo (cosa che posso assicurarvi in altri casi non succede), mentre a casa si spoglia dei vestiti da allenatore e veste quelli di padre. Quest’anno abbiamo ricevuto anche dei complimenti da parte di altre persone del mondo dell’atletica proprio per il nostro rapporto e questo non può che farci piacere».
C’è una cosa che lascia quasi increduli. Con tutte le gare e gli allenamenti che sei chiamata a sostenere come riesci poi a dare sempre il meglio nelle competizioni importanti? Per usare un po’ il gergo dell’atleta, non “buchi” mai una gara…
«Fisicamente non sono mai stanca, a parte i periodi di carico che hanno tutti gli atleti, ma è molto più facile che lo sia psicologicamente. Anche in questo caso però si tratta di periodi brevi e trovo subito la motivazione e lo stimolo per riprendermi. Sono sicura che l’impostazione polivalente che mi ha dato mio padre fin da piccina non faccia che remarmi a favore: sono sempre stata abituata a fare di tutto e di più e la stanchezza non ha mai fatto parte del mio vocabolario. Molti sono gli atleti che si risparmiano al massimo, facendo una o poche gare prima degli appuntamenti importanti; io invece ne faccio parecchie ma spesso sono solo tappe che mi permettono di arrivare al meglio per gli appuntamenti importanti. Credo che il segreto non stia nel numero di gare a cui si partecipa, ma nel modo in cui le si affronta e nello scopo che esse hanno.
Chi ha merito quindi in tutto questo? Oltre a te naturalmente, che con muscoli ma soprattutto testa sai sempre onorare una competizione.
«Il merito è sicuramente di mio padre che per ora ha dimostrato, con me e con gli altri suoi atleti, di saper impostare preparazioni che ci permettono di arrivare nella forma migliore ai vari appuntamenti. In quest’ultimo periodo una grande mano me l’ha data Diego Fortuna che mi sta seguendo sotto il punto di vista dell’alimentazione: mi ha fatto perdere quei chili di troppo assicurandomi l’energia e la forza che mi servono».
Sappiamo che anche tua sorella Maria Vittoria ha una parte importante nella tua preparazione…
«Grazie alla laurea in fisioterapia e alle sue competenze è tutto più facile. Spesso la prevenzione viene trascurata dagli atleti ma è molto importante avere qualcuno che ci segua sotto questo punto di vista. Mavi mi è sempre vicina e quindi ogni volta che ho bisogno posso “buttarmi” sul lettino e farmi “coccolare” un po’. Ammetto che non dev’essere facile avere una sorella come me e spesso ha bisogno di prendermi, mettermi da parte e svegliarmi fuori…mi capita di avere momenti in cui l’ansia ha il sopravvento a causa della mia mania di eccellere in tutto. Devo ringraziarla per essermi sempre accanto e per sopportarmi. É la migliore sorella del mondo».
Riesci sempre a conciliare perfettamente studio e sport. Hai risultati elevatissimi da una parte e dall’altra. Qual è il segreto?
«Il segreto è fare sport. Chi fa sport sa che quelle sono le ore che ha a disposizione per studiare e tende a non sprecarle, cosa che invece capita agli altri. Spesso i miei compagni rimangono stupiti di come riesca a gestire apparentemente senza problemi il grosso carico di lavoro che loro faticano ad affrontare pur avendo molti pomeriggi liberi. Io mi alleno tutti i giorni e dedico dalle due alle tre ore al mio sport a seconda della quantità di allenamento. Ovviamente non è facile gestire le due cose al meglio, soprattutto perchè frequento un liceo scientifico nel quale ogni professore ci chiede il massimo. La mia famiglia mi sta sempre molto vicina: a causa del mio carattere io tenderei alla perfezione in ogni cosa che faccio, ma loro mi ricordano che sono “umana” e che posso permettermi qualche errore come tutti.
L’atleta-studente quindi, secondo te, ha qualcosa in più?
«Un atleta affronta ogni cosa con una mentalità diversa dagli altri: sacrificio, dedizione, voglia di migliorare e forza di rialzarsi dopo un brutto colpo».
Ora che fai parte del Gruppo Sportivo della Forestale, quali sono gli obiettivi?
«Colgo l’occasione per ringraziare il Gruppo Sportivo Forestale che mi ha dimostrato quanto tenesse al mio ingresso nella società, dandomi in questo modo l’occasione di diventare un’atleta professionista. Dal 17 di Giugno, data del mio arruolamento, affronterò ogni gara con un qualcosa di diverso e un pizzico di responsabilità in più. Nulla che possa mettermi in difficoltà, ma anzi uno stimolo in più per portare in alto il colore verde della mia nuova divisa e per dimostrare di essermi meritata la loro attenzione.
A partire dagli Europei…
«Saranno una buona occasione, per me come per altre, di dimostrare come la “politica giovanile” seguita dalla Forestale stia andando nel verso giusto. Certo, ora sono un’allieva agente che veste il colore verde Forestale, ma il mio cuore batte sempre di color arancione AV».
Tra l’altro avrai come compagne di squadra la tua grande amica Roberta Bruni e Federica Del Buono, un’altra eccellenza di casa nostra.
«Non potevo chiedere compagne di squadra migliori e con loro non dimentichiamoci di Elena Vallortigara, Anastassia Angioi, Anna Bongiorni e molte altre. Robby (Roberta Bruni) è come una sorella per me, ne abbiamo passate tante insieme e siamo legate da un qualcosa di speciale che è difficile da spiegare a parole. Fede era ed è tutt’ora una mia compagna di squadra dell’Atletica Vicentina, ci siamo viste crescere e stiamo condividendo mano nella mano una crescita che spero possa riservarci ancora tante sorprese. Siamo delle pazze e molti “temono” quello che possiamo combinare insieme, ma abbiamo dimostrato tutte e tre di avere la stoffa giusta quando serve».
Se dovessimo parlare di “rapporti speciali” in pista e fuori, quello tra te e Francesca Lanciano, l’amica-rivale, è veramente molto particolare. A Rieti, appena conclusa la strabiliante performance nel triplo, nei primi minuti del dopo gara ti sei preoccupata di abbracciarla e incoraggiarla. Ci spieghi il vostro speciale rapporto?
«Sono corsa da Francesca prima ancora di sapere la misura del mio ultimo salto e mi sono preoccupata di guardare il tabellone solo dopo aver finito di consolarla. Il nostro è un rapporto speciale e spesso difficile da ottenere, come ho avuto modo di constatare in quest’ultimo periodo. Leggendo alcuni post su Facebook e assistendo ad alcune gare in mezzo al pubblico, ho notato come troppo spesso il rapporto con l’avversario venga sofferto fino a sfociare in una rivalità troppo sentita. Francesca ed io ci conosciamo e affrontiamo ormai da cinque anni e possiamo dire di aver vissuto parecchie avventure insieme. Quello che credo ci contraddistingua e possa essere da esempio sta nel modo in cui riusciamo a distinguere la competizione dalla vita di tutti i giorni. Voglio dire che entrambe ci preoccupiamo spesso di sentire come sta l’altra, la famiglia, gli amici, come va la scuola e non riduciamo mai il nostro rapporto ad un puro interesse occasionale sulle condizioni fisiche o sugli allenamenti. In gara poi, ci trasformiamo…ma è un cambiamento che ci aiuta, non ci svantaggia: io divento il suo stimolo e lei il mio. Siamo una la forza dell’altra e, come si può immaginare, quando una delle due non sta bene l’altra non può mostrarsi indifferente. E’ come se la gara la affrontassimo insieme, venendoci incontro nel momento del bisogno. Certo l’obiettivo è quello di vincere per entrambe, ma non per “battere” l’avversaria bensì per arrivare sempre più distante. Sabato ho solo sentito il bisogno di far capire a Francesca che io sono sempre lì per lei e dato che avevo già vissuto qualcosa di simile, di darle qualche consiglio per uscirne al meglio. Le voglio bene e sono convinta che senza di lei non avrei ottenuto ciò che oggi fa parte del mio bagaglio».
Sembra che tu non abbia sofferto per nulla il cambio di categoria…
«Credo che il salto di categoria non venga sofferto da nessuno alla fine. Si tratta sempre di un solo anno di differenza e non è quello che determina una maggiore possibilità di successo o il contrario. Sicuramente quando si è piccoli la differenza di età è più incisiva, ma già dalla categoria allievi/e diventa meno rilevante. C’è da dire poi che questo è il terzo anno in cui ho la possibilità di gareggiare a livello assoluto in Italia e a nessuno interessa quanto sei giovane, quanti anni in meno di preparazione hai. Sei tu, con il lavoro che hai fatto fino a quel momento e le tue potenzialità. Non ho mai sofferto il cambio di categoria, anzi. Quasi quasi preferisco gareggiare con atlete che hanno anche dieci anni in più di me. Lo preferisco perchè è uno stimolo in più per fare bene, per dimostrare che non è l’età quella che conta. Poi le gare a livello assoluto mi insegnano sempre qualcosa perchè gareggio a fianco di quelle che per me sono dei modelli di sportività: prima tra tutte è Barbara Lah, campionessa in campo e nella vita di tutti i giorni».
Ti aspettavi un’escalation così dopo le prime “garette” e le prime medaglie col Fiamm? Pensavi sarebbe stato solo un gioco o speravi in cuor tuo, un giorno, di arrivare a fare l’atleta di professione?
«Mia mamma mi racconta spesso che un giorno, quando ancora andavo alle elementari, la maestra l’aveva chiamata preoccupata dal mio desiderio di apparire sul giornale come già accadeva a mia sorella Maria Vittoria. Pensava che questo desiderio potesse dipendere da pressioni o aspettative dei miei genitori, cosa che invece non fa per niente parte del loro carattere. Fin da piccina avevo il desiderio di fare quello che facevano i “grandi”, i ragazzi che al tempo avevano l’età che ho io ora. Ho mosso i primi passi sulla pista di atletica, quella che ormai è la mia casa, ma anche per me è cominciato tutto come un gioco, un divertimento. Fare sport fa bene e penso che tutti i genitori debbano iscrivere i propri figli in una società sportiva o nell’altra, perchè facendo sport si cresce in modo diverso, migliore.
Hai un aneddoto da raccontare?
«Già da piccola avevo una gran voglia di muovermi e di fare. Tornata a casa dall’oretta di atletica settimanale, fingevo che il divano di casa fosse il materassone dell’alto, prendevo la rincorsa dalla cucina e in sforbiciata passavo lo schienale del divano. Potete immaginare la reazione di mio papà, tutt’altro che contento! Per me, come allora, l’atletica rimane una grande passione e fonte di divertimento. Quel che cambia è che ora è diventata anche il mio lavoro, certamente uno stimolo in più».
Siamo ai ringraziamenti.
«Le persona da ringraziare sarebbero veramente troppe, perchè una ad una hanno contribuito e contribuiscono tuttora alla mia crescita personale e di atleta. Un grazie di cuore va alla mia famiglia: ai miei genitori che mi crescono da sempre con valori sani e con amore, a mia sorella che mi accompagna tenendomi per mano lungo il mio percorso, ai nonni che mi possono ancora seguire e a quelli che, se pur guardandomi dal cielo, restano comunque i miei più grandi fans, ai cugini che mi seguono anche in giro per il mondo. Al Csi Fiamm che mi ha fatta divertire e crescere nell’atletica, all’Atletica Vicentina che mi ha fatto assaporare l’atletica vera, quella dei professionisti. Al Gruppo Sportivo Forestale che mi sta dando fiducia e la possibilità di crescere e fare ancora meglio. Alla Federazione regionale e nazionale che, con i tecnici, i responsabili, il presidente, i tutors, mi danno la possibilità di vivere l’atletica a livello internazionale. Ai compagni di allenamento e di squadra che fanno sempre il tifo per me e non mi abbandonano mai. Un grazie a tutte le persone che rendono possibile questo mio sogno e che mi sostengono in quello che faccio, perchè senza di loro sarebbe tutto più difficile».
La giornata tipo di Ottavia. Sempre in movimento
Ore 7: suona la sveglia, ma il sonno prevale sempre e il babbo o la mamma sono costretti a sollecitarmi ad alzarmi ripetutamente
Ore 7.20: finalmente mi alzo, faccio colazione, mi preparo e sfreccio verso scuola in sella alla mia bici
Ore 8.10: cominciano le lezioni e mi aspettano cinque ore di spiegazione intervallate dalle risate coi miei compagni
Ore 13.10: suona la campanella, esco la scuola e torno a casa spesso affamata
Ore 13.30: pranzo con il Babbo e la Mavi, ci raccontiamo come sono andate le nostre mattinate e i programmi del pomeriggio
Ore 14: mi godo un momento di relax per svuotare un po’ la testa e ricaricarmi per lo studio
Ore 15: apro i libri e comincio a studiare (a volte inizio prima se ce nè bisogno)
Ore 17.30: mi preparo per andare ad allenamento. Mi vesto, metto in spalla lo zaino e mi dirigo verso il campo sempre in sella della mia bici
Ore 17.45: comincia l’allenamento insieme ai miei compagni che dura un’ora e mezza o due ore a seconda del lavoro che dobbiamo fare
Ore 20: sono a casa di nuovo. Aspetto il mio turno per farmi la doccia (tutta la famiglia torna dal campo alla stessa ora, tranne la mamma)
Ore 20.30: è uno dei momenti della giornata che preferisco. Ceniamo tutti assieme, mamma è tornata dal lavoro, ci raccontiamo cosa è successo durante la giornata e altri aneddoti divertenti.
Ore 21: apro di nuovo i libri e studio quanto mi serve per arrivare preparata per affrontare i compiti e le interrogazioni del giorno seguente
Ore 23: lo studio, l’allenamento, la frenesia della giornata si fanno sentire. Finalmente crollo esausta sul mio letto: ogni giornata è impegnativa ma tutte le sere mi addormento felice, soddisfatta di quello che faccio e conscia di quanto sono fortunata ad avere accanto le persone a cui voglio bene